15 luglio 2016

Una passeggiata nel Borgo Antico di Campobasso tra letteratura e presenze leggendarie: il mascherone di Salita San Bartolomeo

Di Paolo Giordano

Il Quotidiano del Molise

5 agosto 2015

paologiordanocb.blogspot.it


“Come è piacevole e melanconico passeggiare fra quelle parlanti mura, allorché il sole che scende all’occaso le indora, con i suoi morenti raggi! E quando raccolto in te stesso siedi su uno di quei sassi, i pensieri volano ai tempi che furono, a quei tempi nei quali colà tutto era vita, moto, destrezza, valentia e coraggio”. In tal modo nel 1910 il giornalista, storico e ricercatore Alfonso Perrella esprimeva le sue intime sensazioni nel passeggiare sulla sommità “della collina Monforte”.

Ancor oggi, in alcune giornate dalla luce particolarmente irreale, è oltremodo ritemprante per lo spirito aggirarsi nelle stradine del Borgo Antico, oramai quasi del tutto deserte, percependo ancora l’eco lontana dei  suoni, dei rumori e degli schiamazzi di chi le abitò nei tempi passati.

Prediletta compagnia è la memoria dei vari letterati che nei secoli studiarono le antiche vestigia, percorrendo chiassi e viuzze. Si percepiscono nettamente le “ombre” di Gasdia, Padre Eduardo, Uberto D’Andrea e tante altre gradevoli presenze: dame, fate, cavalieri e gnomi… dalla Civerra a Mazzamauriello.

Improvvisamente forte è la sensazione di essere osservati proprio da una di queste “concrete” forme di vita! Ed è in uno dei vicoli nei pressi della chiesa di San Bartolomeo che fantasia e realtà si fondono in maniera quasi indiscindibile.


Un volto curioso e grottesco ci osserva… apparentemente in maniera malevole. Ma non è un genietto malvagio che ci scruta da circa tre metri di altezza, bensì uno stravagante elemento architettonico tardo settecentesco in terracotta. Per darne esatta e dettagliata descrizione utilizziamo una scheda tecnica pubblicata di recente dallo studioso Mario Ziccardi:

«Questo particolare elemento architettonico si presenta come un semicilindro sporgente dal muro con una forma tubolare a gomito in corrispondenza del mento. Indagando all’interno si rivela come un solido cavo con il fondo piatto; è il terminale di una conduttura proveniente dal tetto o dall’interno della casa e serviva principalmente per raccogliere e convogliare l’acqua, assolvendo le funzioni dei famosi doccioni medievali, infatti la caratteristica principale è il suo aspetto mostruoso. Si credeva che demoni o esseri maligni potevano entrare in casa minacciando gli occupanti e questo punto poteva essere vulnerabile poiché forniva un accesso diretto alla dimora. Il suo aspetto mostruoso e grottesco serviva a tenere lontani gli elementi negativi e malvagi proteggendo la casa e i suoi abitanti».

Un “nume tutelare” allora e non un malvagio essere… ma soprattutto un’ennesima importante testimonianza del passato, sopravvissuta alla furia iconoclasta degli ultimi decenni.
E mentre “il sole scende all’occaso indorando, con i suoi morenti raggi” le mura delle antiche case… la Città vecchia ancora ci regala piccole scoperte ed affascinati storie.

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