30 settembre 2016

Giornata Mondiale della Poesia a Guardialfiera (Campobasso)


28 settembre 2016

La festa di San Pardo 01 - Larino - Viaggio in Molise

26 settembre 2016

I Misteri di Campobasso

Di Aurelio Molè

10 settembre 2014

rivista.cittanuova.it


L’aria è tersa, il cielo limpido e azzurro, il sole chiaro. La città è piena, colorata, festosa. Lungo i cigli delle strade la calca è così fitta che a fatica siamo riusciti ad entrare nel portone del Palazzo Maria Assunta che ospita il ristorante Miseria e nobiltà nel centro storico di Campobasso.
Un leggero venticello mitiga la temperatura, siamo in estate, che sfiora i 24 gradi. Una frescura gradevole, eccessivamente caldo per i locali.

Saliamo al secondo piano, ad un’altezza superiore ai dieci metri. Proviamo, ma è troppo alto per scattare fotografie. Scendiamo veloci e ci affacciamo alla finestra del primo piano. Il fotografo si allunga sulla punta dei piedi, si piega di lato, si distende oltre la balaustra per cercare l’inquadratura migliore. La luce del mattino è buona e “a favore”, cioè proviene da dietro l’obiettivo.

La visione

Ecco, improvvisa, “la visione”. Sotto di noi, sulla strada, scivolano i Misteri come su un filo d’olio che li tiene in equilibrio senza cadere: sembra quasi che la fiumana di gente li sostenga e li trasporti e non siano loro a farsi largo tra le ali della folla.
Spostiamo a quattro mani un vaso rettangolare con una pianta grassa che ostacola la visuale quando avviene il “miracolo”. Proprio davanti ai nostri nasi, a un metro di distanza, un ingegno d’un tratto si ferma. È quello dell’Assunta. La Vergine Maria ci guarda e sorride sospesa tra le nuvole insieme a cinque angeli birichini che fluttuano nell’aria come Perseo con i suoi sandali alati. Ai piedi della macchina vi è un sepolcro scoperto con un altro angelo seduto a lato.

24 settembre 2016

Il mistero della tomba di Delicata Civerra. La presunta sepoltura (scomparsa) dell’eroina campobassana

Di Paolo Giordano
31 marzo 2016


Delicata Civerra è indubbiamente tra i personaggi simbolo della Storia di Campobasso.
Negli archivi parrocchiali si trovano più dame così “nomate”. La nostra eroina mori nel 1587 e molti raccontano di aver consultato il “libro della Chiesa di San Giorgio” (con le annotazioni dei defunti dal 1541 al 1711) che la citerebbe. Una verifica non è allo stato delle cose possibile, poiché la sorte dell’antico manoscritto non è riscontrabile.
Lo studioso Uberto D’Andrea scrive di clamorose omonimie: attraverso un atto del 1587 si apprende delle messe che Delicata Civerra faceva celebrare in memoria del defunto marito, Giacomo Caruso. Ed ancora... nel libro dei battezzati di Santa Maria Maggiore (anno 1590) fu registrato il battesimo di Delicata, figlia di Francesco Civerra e Diana Di Lembo.
Quindi tale nome era abbastanza diffuso e ciò, comunque, non può che deporre a favore del fatto che possa essere veramente vissuta la giovane campobassana, protagonista della nota romantica vicenda. Di sicuro il dato importante, che coinvolge ogni categoria di studiosi aprendo uno spaccato sulla Storia Locale, è che il contrastato amore tra Fonzo e Delicata riconduce alle lotte tra le due maggiori confraternite (Crociati e Trinitari) per il controllo socio-politico della Campobasso tardo cinquecentesca.
Pur essendo inevitabile un parallelismo con Montecchi e Capuleti, va evidenziato che, mentre Giulietta e Romeo, personaggi di pura invenzione totalmente decontestualizzati, sono stati eletti nel globo terraqueo quali emblemi dell’Amore Infelice, minor fortuna hanno avuto i nostri due amanti.
Ulteriore, e non ultimo, spunto di riflessione si è avuto domenica 27 marzo, Santa Pasqua! Un nutrito gruppo di turisti provenienti da Monopoli, nel visitare la chiesa di San Giorgio Martire, era alla improduttiva ricerca di quello che sarebbe potuto essere il sepolcro di Delicata Civerra. Li aveva incuriositi la guida cartacea che consultavano, la quale ne parlava... come ne “parla” abbondantemente internet (e non solo in italiano) in diversi siti, molti dei quali istituzionali.
Ma prima del web due sono le prime più importanti ed autorevoli testimonianze di quella sepoltura. Giambattista Masciotta nel II volume de “IL MOLISE dalle origini ai nostri giorni” (1915) nel descrivere la chiesa di San Giorgio annota “L’interno è diviso in tre navi, in una delle quali (quella di destra) sorge la modesta (sic) tomba di Delicata Civerra”. L’arciprete Nicola Tarantino, nel suo “Il gran Martire S. Giorgio” (1926) riporta “Degno pure di essere ammirato il Cristo scolpito in pietra sulla tomba di Delicata Cìverra, nobile fanciulla di Campobasso...”.

È legittimo porsi l’ineluttabile domanda: dov’è finita la presunta sepoltura?
Prova ne resta una fortuita fotografia scattata nel 1982. Il parroco del tempo, il compianto don Giovanni Battista, confermò la versione del Tarantino. Trattavasi, appunto, di un bassorilievo con un’ “imago pietatis”, contemplazione della Passione, utilizzata su altari, paliotti e tombe (generalmente sovrapporta).
Dopo i restauri degli anni 80/90 del 1900, la chiesa romanica di San Giorgio (unitamente a quella di San Bartolomeo) fu restituita alla Città di Campobasso, ma nessuna traccia v’era più della lapide che ancor oggi viene ricordata come la tomba della giovane sventurata fanciulla, morta per amore.
Insomma... un’ennesima vestigia del Nostro Passato si sarebbe dissolta nell’oblio!

22 settembre 2016

L’Osservatorio Astronomico “Giovanni Boccardi” a Castelmauro (Campobasso)

castelmauro.org


In Castelmauro, sulla vetta del Monte Mauro a 1042 m, è installato un osservatorio astronomico moderno, dotato del più avanzato telescopio robotizzato attualmente presente sul territorio italiano, il CRT, che rappresenta lo stato dell’arte nel settore.

L’osservatorio è stato realizzato nell’ambito di una collaborazione tra Comune di Castelmauro ed ATEC Robotics che ha cofinanziato l’opera e ne gestisce l’evoluzione. L’Osservatorio è dedicato a Padre Giovanni Boccardi.

Ideato e realizzato dalla società ATEC Robotics, l’osservatorio si distingue rispetto allo standard per una serie di fondamentali peculiarità:
- è innovativo ed all’avanguardia in campo internazionale
- consente di effettuare ricerca scientifica anche in modalità robotizzata (fotometria CCD)
- consente ai privati l’uso in internet del telescopio attraverso la prenotazione di tempo di osservazione
- supporta la divulgazione nelle scuole ed università attraverso progetti dedicati
- è inserito nella rete dei telescopi che di giorno effettuano la mappatura dei debris
- consente di effettuare survey automatiche ed è predisposto per l’acquisizione rapida di gamma ray burst
- è un centro di ricerca, sviluppo ed innovazione ad alto livello e di supporto ad attività scientifiche
- è un centro congressi su argomenti innovativi nei settori del sapere
- consente alle scuole, università e centri di ricerca di utilizzare il telescopio in remoto
- è inserito nel network Magellano.

Padre Boccardi avviò un progetto, all’avanguardia per i suoi tempi, ossia l’installazione di strumenti di ultima generazione (all’epoca) presso l’osservatorio di Pino Torinese. La visione del cielo stellato, resa imperfetta dalle luci della città e dal fumo delle ciminiere, spinse infatti Boccardi ad avviare un progetto ambizioso; il trasferimento dell’Osservatorio a Pino Torinese, sito a 620 m sul livello del mare e sufficientemente lontano dal centro di Torino.

Sotto la sua direzione fu, come già riportato in queste pagine, installata la più grande cupola girevole d’Italia, di 11 metri di diametro. Costruita dalla società inglese Cooke & Sons ospitava il telescopio equatoriale Merz, strumento di punta dell’Osservatorio.

Iniziati i lavori nel 1911, l’Osservatorio era già pronto ed operativo nel 1912, fruttando oltre 30.000 osservazioni astronomiche pubblicate in due “Cataloghi di stelle”, 14 volumi e 409 fra memorie, note e lunghi articoli scientifici e conseguenti innumerevoli inviti a Congressi internazionali.

Boccardi avviò anche la prima società astronomica italiana. Sotto la sua direzione fu installata la più grande cupola girevole d’Italia, di 11 metri di diametro. Costruita dalla società inglese Cooke & Sons ospitava il telescopio equatoriale Merz, strumento di punta dell’Osservatorio.

L’osservatorio astronomico di Monte Mauro è quindi dedicato a Padre Boccardi per la sua lungimiranza che lo ha contraddistinto e che lo ha portato ad anticipare quelli che sono solo attualmente (ultimi 20 anni) i processi di verifica e catalogazione dei migliori siti astronomici e la installazione di strumenti professionali in siti ottimali come nel caso, allora, dell’osservatorio di Pino Torinese.

L’osservatorio di Monte Mauro è stato completato nel 2007. L’edificio ospitante l’osservatorio è stato lasciato inutilizzato e incompleto per molti anni dopo che l’edificio principale era stato completato.

Il Prof. Dario Mancini ha fornito le indicazioni utili per il completamento delle opere civili e per la realizzazione del telescopio e della cupola, nonchè per l’impostazione tecnico/scientifica delle attività di ricerca e divulgazione. Sono state modificate alcune sezioni di edificio consentendo l’installazione di un telescopio altazimutale (CRT) al posto di un ormai obsoleto telescopio in montatura equatoriale.

Un accordo tra Comune ed la società, che ha cofinanziato la realizzazione dell’Osservatorio insieme con la provincia di Campobasso, ha consentito la costruzione ed installazione del telescopio, della cupola, della sala multimediale e di impostare l’organizzazione scientifica. La ATEC Robotics è attualmente l’unica azienda in Italia in grado di ideare e realizzare telescopi altazimutali all’avanguardia quale il CRT (Castelmauro Robotic Telescope), strumento professionale che in scala ripropone le peculiarità dei telescopi quali il TNG, il VST, il TT1, progettati e realizzati dall’astronomo tecnologo Dario Mancini ed installati presso i siti Roque de los Muchacos (Canarie), Paranal (Cile) e Castelgrande (PZ).

Oltre ad ideare l’intero progettola ATEC Robotics ha organizzato la formazione del personale di supporto locale attraverso una serie di lezioni di astrofisica e di tecnologie. Il Prof. Dario Mancini, coordinerà le attività del Centro Congressi Giovanni Boccardi che si occuperà di divulgazione, organizzazione congressi e conferenze in campo scientifico e tecnologico volti alla diffusione della cultura.

La ATEC Robotics fornisce e fornirà invece supporto tecnico/scientifico per rendere sempre più competitive le prestazioni e le caratteristiche dell’osservatorio robotizzato.

20 settembre 2016

Il Ponte Tibetano di Roccamandolfi (Isernia)


Partenza per Roccamandolfi da Isernia alle ore 08:00 dal piazzale antistante il tribunale di Isernia
Ritrovo sul piazzale antistante la caserma del Corpo Forestale dello Stato (CFS) di Roccamandolfi, dove l’intero gruppo, alle ore 08:30 inizierà il cammino verso la suddetta meta.
Si partirà da quota m. 800 sul livello del mare per raggiungere quota m.1.100 sul livello del mare.
Lungo un percorso di montagna, aperta e verde con un misto di variopinti colori di fiori di prato, dove si può ammirare tutta la vallata del Matese e le sue cime.
Percorrendo parte del “Sentiero dei Fringuelli” si arriverà sul ponte Tibetano sul Torrente Callora, che è un piccolo capolavoro di ingegneria e carpenteria metallica, che valorizza ancora di più il suggestivo paesaggio carsico. Dopo averlo attraversato con molta attenzione si salirà sul monte dove è situato il famoso Castello di origine longobarda risalente all’anno 1195.
Dopo la visita ai ruderi del castello si scenderà a valle per visitare il paese, piccolo borgo medioevale.
Nei pressi della chiesa di San Giacomo è possibile vedere le quattro antiche unità di misura per granaie: tomolo, mezzetto, quarto e misura, realizzati in pietra levigata, ed inoltre si può ammirare una delle più antiche croci viarie che presenta su un lato il Cristo sulla croce e sull’altro il Cristo seduto sul trono nell’atto di benedire.
Durata dell’escursione circa ore 5 con mezzo proprio e pranzo al sacco.

ESCURSIONE CLASSIFICATA “EE” DEL 20/07/2014 SUL PONTE TIBETANO DI ROCCAMANDOLFI. (Referente: Tonino Grappa tel. 339 637 18 48)


18 settembre 2016

Una pagina di storia sommersa in località “Aspro”, nel mare di Termoli

Di Lucia Checchia
23 ottobre 2012
panoramitalia.com/it



Quando si parla di Termoli, un piccolo centro molisano che si affaccia sul Mare Adriatico, ci si accorge di quanto sia difficile ripercorrerne a ritroso la storia, partendo dalle sue origini, a causa della totale mancanza di documenti scritti.

Il bisogno di conoscere le proprie origini è sempre stato insito nell’uomo sin dagli albori della civiltà e lo è ancor di più oggi, nell’era della globalizzazione. Le risultanze archeologiche e le tradizioni orali canalizzano sempre più l’attenzione degli studiosi locali e no, verso i fondali marini.
Tante e varie sono le “voci” che si susseguono circa la presenza di un sito subacqueo di rilevanza archeologica in località “Aspro”, situato nel tratto di mare compreso tra la Torre del Sinarca e il rudere di quella di Petacciato, con una estensione di circa un miglio.

I primi studi compiuti in loco risalgono al 1975 quando l’arch. Luigi Marino, docente di Architettura presso l’Università di Firenze, avviò una ricerca nell’ambito delle attività predisposte dall’Istituto di Restauro dei Monumenti. Gli esiti permisero di localizzare due grosse “macchie” sottocosta, di forma pressappoco triangolare, separate da un “canale” e due barriere parallele alla riva.

Il fondo, sabbioso e regolare in vicinanza della costa, diventava fangoso a largo in prossimità di “scogli” caratterizzati da pareti alte e profondamente tagliate. Inoltre con l’ausilio di una sorbona si era potuto accertare la presenza di abbondante materiale da diporto.

Alla fine degli anni ’70 il prof. Filippo di Donato, dell'Università di Pescara, avvalendosi di alcune fotografie aeree a raggi infrarossi scattate sul litorale nord di Termoli, comunicava la possibile esistenza di una città sommersa per il fenomeno del bradisismo.

Un’altra indagine fu avviata negli anni ’90 da Piergiorgio Data, professore ordinario di Fisiologia e titolare della cattedra di Medicina Subacquea ed Iperbarica presso l’Università di Chieti. Le immagini video delle immersioni, girate dal dott. Sergio Cipolla, istruttore responsabile dell’Associazione di P.C. “Insieme nel Blu” di Pescara, andarono in onda sulle reti televisive nazionali e locali abruzzesi.
L’esplorazione riguardò una superficie totale di ca. 1000 mq. e portò alla localizzazione di resti di muri perimetrali di varia altezza, da pochi centimetri sino a 4 metri; diversi muri in mattonato o di calcare al basamento; tre basamenti di costruzioni quadrangolari; una costruzione in laterizio; svariate lastre di diverse dimensioni; una colonna dorica e materiale fittile di vario genere.

Secondo il prof. Data l’inabissamento del tratto di costa potrebbe essere stato causato da una frana o da un evento sismico; sempre secondo il prof. Data doveva trattarsi, al 99%, dell’antico oppidum frentano di Buca, importante scalo marittimo all’epoca di Augusto, citato da Strabone, Tolomeo, Plinio e Mela e d’un tratto misteriosamente scomparso dalle carte geografiche.

Il tutto potrebbe essere avvalorato dal ritrovamento, in località Porticone, di una necropoli di epoca frentana rinvenuta a circa 2 km. dalla costa, i cui saggi di scavo hanno preso avvio nel 1978 ad opera della Soprintendenza Archeologica per i Beni Architettonici e Storici del Molise. Le tombe, oltre un centinaio, dislocate lungo il costone sovrastante il lato meridionale della valle del torrente Sinarca, sono collocabili intorno alla seconda metà del VI secolo a.C..

Sembrerebbe esserci stata una interruzione nella frequentazione della zona nel V sec. a.C., frequentazione che sembra poi ricomparire alla fine dello stesso secolo aumentando, seppur di poco, tra la seconda metà del IV e del III secolo a.C., allorché la zona sembra avere esaurito la sua funzione di necropoli.

Alcuni elementi rinvenuti (strada pavimentata, scarti di lavorazione di argilla tra cui frammenti di vasi, pesi da telaio, grumi di argilla) nelle immediate vicinanze della necropoli lasciano comunque presupporre che, tra il II e il I sec. a.C., sia stata attiva una fornace per laterizi.

Gli amanti del mare e della pesca subacquea conoscono bene l’Aspro, un vero e proprio vivaio di dentici e spigole che in quella zona riescono a riprodursi tranquillamente negli anfratti di stanze nascoste dalla scogliera e dalla vista dell’uomo. Gli stessi marinai, conoscendo l’asperità della zona, immergono le proprie reti in mare solo quando avvistano i monti di Guglionesi per paura che le stesse restino intricate negli “scogli”. Sono stati proprio i marinai e i pescatori subacquei ad aver riportato spesso alla luce anfore e tegoloni.

Altre testimonianze riferiscono dell’esistenza di una strada in lastricato che, partendo dalla spiaggia, si inabissa nel mare. Il litorale nord di Termoli è inoltre ricco di argilla e, da qualche tempo a questa parte, ha visto riaffiorare sorgenti di acqua dolce a ridosso della riva.

Dal 2010 le ricerche in mare proseguono con il “Progetto Atlantide”, ideato e curato dalla prof.ssa Rosalia Laura Ruggiero con la collaborazione del Preside Antonio Mucciaccio, della dott.ssa Lucia Checchia e del tecnico foto-video Maurizio Perrotta. Nell’ambito dei lavori di tale progetto, realizzato con gli studenti di alcuni Istituti molisani, nel maggio 2011 è stato recuperato dagli esperti subacquei un ceppo in piombo di ancora romana del peso di ca. 300 kg. e di 174 cm. di lunghezza.

Un secondo recupero, avvenuto nel mese di giugno 2012, ha portato alla luce un altro ceppo, del peso di ca. 400 kg. e di 185 cm. di lunghezza. Tale reperto si colloca, come l’altro, tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C.. Entrambi appartenevano, con molta probabilità, a una nave oneraria d’epoca romana. Un terzo ceppo è stato già segnalato da un subacqueo alla Capitaneria di Porto di Termoli. Tutti questi ritrovamenti provano che la zona dell’Aspro era un tempo molto frequentata e rimane per noi oggi la pagina di un libro di storia che aspetta soltanto di essere letta.

Come in un puzzle, i singoli pezzi rimangono in attesa di essere incastrati tra loro … ed il gioco dovrebbe essere fatto!



16 settembre 2016

Immigrazione e giustizia, la storia di Arturo Giovannitti

Di G. L.
6 Maggio 2011
loccidentale.it


La storia di Sacco e Vanzetti è uno dei casi più emblematici di come la giustizia, se amministrata in mala fede, possa diventare, nelle mani sbagliate, un’arma terribile. I due immigrati italiani furono accusati ingiustamente di omicidio e giustiziati negli Stati Uniti sulla sedia elettrica. Era il 1927 e solo cinquant’anni dopo è arrivata la loro completa riabilitazione attraverso la decisione del governatore americano Michael Dukakis. Vittime di un’ingiustizia, come tante ve ne sono anche oggi.

Ma la vicenda di Sacco e Vanzetti è legata ad un’altra storia giudiziaria, questa volta a lieto fine. Il protagonista è un immigrato molisano: Arturo Giovannitti.

Il Molise visto dall'alto


14 settembre 2016

Ferrazzano (Campobasso) - Borghi d'Italia

La troupe di Borghi d’Italia arriva a Ferrazzano in provincia di Campobasso. Il piccolo borgo, per la sua posizione dominante sulle vallate, è conosciuto come la sentinella del Molise.



10 settembre 2016

Campobasso e “I Misteri”. La storia

misterietradizioni.com


Con il termine Misteri si definiscono rappresentazioni medievali di oggetto sacro in lingua volgare, attestate in Francia dal secolo XI che venivano eseguite nelle solennità religiose a compimento degli uffici liturgici.

Si tratta di forme affini alle teatrali, originatesi dalla decadenza del teatro classico greco e romano e dalla stasi del teatro durante tutto il periodo medievale, che divennero i mass-media del tempo e diedero il lento avvio, in pieno Rinascimento, ad una ripresa delle forme teatrali vere e proprie, le quali, a loro volta, costituirono le basi del teatro moderno.

Da un lato c’era la necessità istintiva del popolo di dare sfogo alla propria religiosità mista di umanità, dall’altro il desiderio della Chiesa di educare le masse, per lo più analfabete, con forme spettacolari tali da suscitare interesse. Queste forme vennero così ad affiancare, all’aperto, la funzione didattico-narrativa affidata alla scultura ed alla pittura all’interno delle chiese.

Il fenomeno fu comune a molte località europee nel suo contenuto di base ma ebbe diversa denominazione nei diversi luoghi: mystére (spettacolo simbolico) in Francia; auto sacramental (sacra rappresentazione) in Spagna; passionsspiele (mistero della passione) in Germania; myracle-plays (rappresentazioni sacre) in Inghilterra.

Nel corso dei secoli (XV-XVII), con l’evolversi dei costumi, con il dilagare della magnificenza esaltata dalle ricche corti rinascimentali, con la rivoluzione ideologica e psicologica del Rinascimento che distolse gli spiriti dalla contemplazione di un regno soprannaturale per rivolgerli ai beni terreni, si arrivò a curare più gli effetti scenici che l’essenza religiosa tanto da causare l’infiltrazione di elementi pagani nei drammi sacri scivolando talvolta nello sconveniente e nel volgare.

Di qui il divieto per queste rappresentazioni figurative, sancito in alcuni concili tenuti in Francia nel XVI secolo, e la sostituzione, in alcune città italiane, dei gruppi viventi con gruppi lignei (es. misteri del Venerdì Santo a Trapani) nei quali la forza intuitiva e la capacità dell’artista dovevano raggiungere l’efficacia suggestiva ed emozionante promossa una volta da persone viventi.

A Campobasso si ha notizia, sin dal XVI secolo, dell’allestimento di sacre rappresentazioni su palchi in legno collocati nei pressi delle chiese. A partire dal secolo successivo le principali Confraternite laiche della città, per solennizzare la festività del Corpus Domini, presero l’abitudine di rappresentare scene sacre, il cui soggetto variava di anno in anno, su barelle che venivano portate a spalla in processione davanti al Santissimo Sacramento.

Le Confraternite, intorno alla metà del XVIII secolo, commissionarono allo scultore campobassano Paolo Saverio di Zinno la progettazione di “macchine” che assicurassero stabilità alle raffigurazioni, in modo che le scene rappresentate fossero sempre le stesse e i figuranti avessero sempre gli stessi atteggiamenti, e ne affidarono la realizzazione agli esperti fabbri ferrai campobassani. Nacquero così i Misteri come tutt’oggi li conosciamo.

Secondo una tradizione orale non documentata, vennero realizzati ventiquattro Misteri ma sei non ressero al collaudo e non furono più ricostruiti. Si ha invece notizia certa della realizzazione di diciotto Misteri di cui sei furono distrutti durante il terremoto del 26 luglio 1805 dal crollo degli edifici in cui erano conservati e i rimanenti dodici continuano a sfilare in processione per le vie di Campobasso nel giorno di Corpus Domini insieme al Mistero del S.S. Cuore di Gesù, realizzato nel 1959 dai fabbri della famiglia Tucci di Campobasso sulla base di un disegno attribuito al di Zinno.

I sei Misteri distrutti rappresentavano il Corpo di Cristo (chiamato dal popolo “il Calicione” a causa della presenza di un grosso calice), la S.S. Trinità, S. Maria della Croce, la Madonna del Rosario (in cui il ferro principale della struttura poteva ruotare su se stesso quando il Mistero era fermo), S. Stefano e S. Lorenzo.

A partire dal XIX secolo, a seguito della soppressione delle Confraternite, la Processione dei Misteri è stata organizzata dall’Amministrazione Comunale di Campobasso che, dal 1997, è supportata dall’Associazione Misteri e Tradizioni.

8 settembre 2016

Se i Simpson abitassero a Campobasso



Sapete cosa mi è venuto in mente girando per le strade della mia città?
E se i Simpson abitassero qui?
Dove si troverebbero i vari protagonisti del cartone animato?
Dove potremmo incontrarli?
Così ho realizzato questi scatti e ho deciso di fare una mostra virtuale dal titolo "Se i Simpson abitassero a Campobasso".
Se vi va, condividete!

Roberto Tucci. Fotografo.

4 settembre 2016

Il Castello d’Evoli di Castropignano (Campobasso)

moliseturismo.eu


L’origine del nome di Castropignano è assai incerta: diversi studiosi ritengono derivi da uno degli insediamenti dei Sanniti Pentri, Castrum Expugnatum, raso praticamente al suolo durante le guerre coi romani. Altri invece fanno derivare il nome dalla Palombino del Sannio Pentro, distrutta anche’essa dai Romani nell’anno 419 a.C.

I primi insediamenti nel territorio di Costropignano si possono far risalire al V-IV sec. a.C. ad opera di pastori sanniti. Fece parte prima del Ducato di Benevento, quindi del castaldato di Boxano, assegnato ai bulgari di Alezeco, stanziatosi in quel periodo nel ducato di Benevento. Proprio per questa ragione, il feudo divenne una colonia slava, anche se, col passare degli anni, gli immigrati si integrarono perfettamente coi residenti senza praticamente lasciare alcuna traccia della loro cultura.

Il Castello d’Evoli di Castropignano, costruito in prossimità di una precedente fortificazione sannita, ha la particolarità di essere posizionato più in basso rispetto alla parte antica del paese, circostanza dovuta forse alla storia dello sviluppo di tale antico borgo molisano.

2 settembre 2016

Chiesa di Santa Maria della Croce a Campobasso

travelitalia.com


La Chiesa di Santa Maria della Croce, forse la più antica della città, fu eretta intorno all’anno Mille nell’omonima via, dalla Confraternita dei Crociati, espressione di una società contadina, qual era quella di Campobasso all’epoca. I terremoti del 1348 e del 1456 danneggiarono molto la struttura, e in particolare la vicina chiesa dei Flagellati, che decisero di unirsi ai Crociati.