28 ottobre 2017

Antonio Cardarelli

ugodugo.it


Nacque a Civitanova del Sannio il 29 marzo 1831, da Urbano, medico, e da Clementina Lemme.
Dopo i primi rudimenti appresi in famiglia e da maestri locali, entra nel seminario di Trivento dove segue gli studi classici.

All’età di 17 anni, dopo la maturità , si reca a Napoli dove segue gli studi di medicina e si laurea in questa disciplina a soli 22 anni.

Entra per concorso come assistente all’Ospedale degli Incurabili, dove subito si applica agli studi sulla scabbia, sostenendo, tra i primi, l’origine parassitaria della malattia.

Nel 1859 inizia l’attività di insegnante presso l’Ospedale degli Incurabili e presto la sua fama di clinico e di insegnante si fa strada in tanta parte della popolazione.

Nel 1890 vince il concorso per la cattedra di patologia speciale medica alla Regia Università di Napoli; successivamente vince il concorso per la cattedra di clinica medica presso la stessa università.
Il Cardarelli, dotato di grande carisma, possedeva eccellenti doti didattche, per cui i suoi allievi lo veneravano.



Come uomo, educato ai principi liberali paterni, fu carico di umanità, cosa che gli procurò qualche fastidio ad opera della polizia borbonica che lo spiava in conseguenza della fitta frequentazione della sua casa ad opera di giovani universitari; per la qual cosa fu fermato ed interrogato dalla polizia e subito rilasciato grazie agli interventi di illustri professori che spiegarono tali frequentazioni come conseguenza della sua fama di clinico e di professore.

Forte fu il suo amore per il Molise. Sulla sua fama di clinico e di uomo di cultura circolano numerosi aneddoti, ma molti sono solo fantasie come questo riportato  dal can. Giuseppe Di Fabio nella sua opera Toponomastica di Campobasso, che vuole che un giorno il padre, dott. Urbano, che amava vestire nel costume classico molisano, si recasse a far visita al figlio presso l’Università e che il personale, vedendolo nel classico costume, volle fargli indossare dei vestiti moderni prima di introdurlo nell’aula dove il figlio teneva lezioni. Il clinico, vedendo il padre conciato con quegli abiti, disse “questo non è mio padre”. Allora il personale gli fece indossare nuovamente i suoi vestiti e lo riaccompagnò in aula. Alla vista del padre nel suo costume antico molisano, l’illustre clinico, tra lo stupore dei giovani allievi, scese dalla cattedra, fece salirvi il padre e disse: “Ragazzi, da questo ceppo, nacqui in una fredda e lontana giornata di marzo, tra i monti di quella dolce terra che si chiama Molise!”.
Ma penso, come già detto, che non sia vero, poiché, a mio avviso, una personalità di quello spessore non possa aver mancato di rispetto al padre, facendo una simile sceneggiata.

Come professionista, si dice che Egli non abbia sbagliato mai una diagnosi e che ebbe tra i suoi pazienti uomini illustri quali il re Vittorio Emanuele II°, Arrigo Boito, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce. Un altro aneddoto vuole che, ascoltando la voce di un cantante e di un pescivendolo, Lui, mentre era affacciato alla finestra dell’Università, riconobbe che i due fossero affetti da una tubercolosi laringea. Si recò a Caprera per curare Giuseppe Garibaldi, che per riconoscenza gli volle regalare il suo orologio d’oro e che accettò dopo molte insistenze solo per fargli piacere e per avere un suo ricordo.

Fu eletto deputato al Parlamento nazionale per cinque legislature (dal 1880 al 1894), nel collegio di Isernia.

Nella carestia del 1879, soccorse di suo la popolazione di Civitanova e creò il Monte Frumentario con il compito di aiutare i contadini e le famiglie più povere del paese.

Molte furono le opere scientifiche da lui pubblicate; ne ricordiamo solo alcune:
Gli aneurismi dell’aorta (1868); Sulle risonanze di percezione degli organi respiratori ascoltate pel cavo boccale e sul rapporto acustico tra taluni fatti di ascoltazione e percussioni degli organi stessi (1879); Lo zoster nelle affezioni cardio-vascolari (1873); Lezioni sulle malattie del fegato e delle vie biliari (1907); Lezioni di clinica medica - decennio 1907-1916 (1924, pubblicate a cura di T. Senise).

Antonio Cardarelli non lasciò mai l’insegnamento, nonostante la sua tarda età e si spense, ultranovantenne, in Napoli l’8 gennaio 1927, lasciando l’amarezza nei tanti allievi che lo venerarono.

Così fu ricordato dal Presidente del Senato, On. Sen. Tommaso Tittoni,il giorno 27 marzo 1927:
“Gli eccezionali meriti del Cardarelli ottennero universale riconoscimento, sicché, mentre fu chiamato a far parte di elevati consessi, del Consiglio superiore della pubblica istruzione, del Consiglio superiore sanitario e di tante istituzioni napoletane, le più reputate accademia scientifiche si onorarono di nominarlo socio.
Autorevolmente partecipò alla vita pubblica. Fu deputato alternativamente del collegio di Isernia e di Campobasso per cinque legislature dalla 14ª alla 18ª e poi venne al Senato il 25 ottobre 1896. Spesso intervenne alle discussioni parlamentari e ai problemi più importanti della vita nazionale sempre si appassionò portando il contributo della sua genialità e della sua competenza, il suo spirito ardente e il più grande amore per il paese. Così parlò spesso in materia di istruzione, di sanità, di bilanci, di imposte, di legislazione sociale e seppe sempre tenersi al di sopra delle competizioni politiche.
Noi ricorderemo sempre la luminosa figura di Antonio Cardarelli che ebbe le più alte doti non solo di mente ma pur di cuore, espressione di ogni nobiltà. Era sensibilissimo ad ogni forma di bellezza, onde fu cultore appassionato anche di studi classici, ma nessuno più di lui fu sensibile alle miserie umane e nessuno fece mai invano appello alla sua bontà. La intera sua vita egli spese come un apostolato a lenire le sofferenze altrui, sempre con la più grande abnegazione, ognora trascurando ogni suo interesse materiale. Al paese nativo conservò grande amore ed ivi opere pubbliche e istituzioni di beneficenza e di assistenza da lui trassero vita, onde era caro a tutti e la sua perdita lascia il più grande vuoto. A questa grande figura di scienziato e di italiano noi mandiamo, raccolti nel più vivo dolore, un commosso saluto e alla famiglia desolata porgiamo l’espressione del nostro cordoglio”.

Alla sua memoria la città di Napoli gli ha dedicato l’Ospedale Policlinico e la città di Campobasso gli ha dedicato l’Ospedale Generale e la strada che collega Via Garibaldi con Piazza Cesare Battisti e Via Giuseppe Mazzini.

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