28 novembre 2016

Molise on the road: dal Volturno a Venafro

4 novembre 2016

Gita di 1 giorno Italia Molise

viaggiascrittori.com

Il Molise non esiste. Quante volte lo avete sentito dire? E quante volte l’avete detto voi stessi? Ebbene, i viaggiascrittori sono qui per smentire questo falso mito. Anzi, non proprio i viaggiascrittori. A scrivere è Elisabetta, una loro amica. Da oggi, infatti, comincia una collaborazione piccina-picciò alla scoperta di una regione piccina-picciò: il Molise.


Molisn’t? Ma anche no.

Partiamo dal presupposto che voi non sappiate niente, ma proprio niente del Molise. Cosa non del tutto improbabile. Ecco i dati che vi occorrono: nasce nel 1963, conta appena 300mila abitanti, è la seconda regione italiana più piccola ed è divisa in 2 province: Isernia e Campobasso. Ci siamo?

Inoltre, siccome a noi molisani questo territorio sembrava troooppo vasto per essere contenuto in appena 2 province, siamo soliti dividerlo in 3 macro-aree: Basso Molise, la zona costiera e collinare; Molise Centrale, la zona intorno a Campobasso; Alto Molise, sostanzialmente individuabile nella provincia di Isernia. Chi scrive è di Larino, uno dei principali comuni del Basso Molise. Vi porterò a scoprire tutte zone e le peculiarità della mia regione. Pronti?

Pronti, partenza, via.

È il primo novembre, giorno di festa, c’è un bel sole, una temperatura amichevole… e allora si parte. Voglio scoprire qualcosa di nuovo della provincia di Isernia, che scandalosamente ignoro. I panini con la frittata – vero must per ogni terrone che si rispetti – sono nello zainetto, l’itinerario è stato studiato, ci siamo.


Partiamo da Larino alle 8,50 del mattino e già so quale sarà la nostra prima tappa: Santa Maria del Molise. Si tratta di un comune piccolissimo, come quasi tutti i comuni della mia regione: appena 600 anime. È proprio di strada e per me è una tappa fondamentale. A meno di 2 km dallo svincolo, troviamo una piccola ma estremamente curata area verde. Una piccola cascata, diversi laghetti, qualche ruscello, una fontana qua e là e il tipico paesaggio autunnale come cornice. Una meraviglia.
Dopo aver scattato qualche foto e girovagato nel parco per un po’, ci rimettiamo in cammino. La prossima sosta sarà un altro paese dell’isernino: Fornelli. So che per raggiungerlo dovremo attraversare proprio il capoluogo ma, una volta entrati in città, ci perdiamo. Google Maps decide di abbandonarci e allora non resta che affidarci ai metodi old school. Chiediamo delle indicazioni. Fortunatamente troviamo gente gentilissima e molto disponibile. Un ragazzo addirittura ci guida per un tratto di strada.

Dopo meno di 10 km, arriviamo a destinazione. Eravamo attratti da Fornelli per la sua partecipazione al circuito dei Borghi più belli d’Italia. Le nostre aspettative erano piuttosto alte. Restiamo soddisfatti? Nì. Certamente un bel borgo, certamente caratteristico, ma c’è un ma. Se si conosce un po’ la realtà dei borghi dell’interno molisano, non si resta particolarmente impressionati. Non ha né più né meno di altri borghi meno noti. Qualche foto, un caffè e via.

Benvenuti nella Valle del Volturno

Alle 11,40 arriviamo nel territorio di Castel San Vincenzo. Ci troviamo all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nella valle del fiume Volturno, ai piedi delle Mainarde. I panorami che incontriamo lungo la strada tolgono il fiato. Ma il meglio deve ancora venire!

Arriviamo abbastanza facilmente alla Abbazia di San Vincenzo al Volturno, la cui storia è a dir poco affascinante. Fondata nel 731, la sua fortuna è stata traballante, fino al totale e definitivo abbandono nel 1669. L’Abbazia si presenta maestosa. All’esterno troviamo tracce di mura di epoca romana e, soprattutto, un colonnato con arcate a sesto acuto che la incornicia. L’interno è austero e imponente.


Il sole è alto, la temperatura è mite, noi restiamo senza parole. Riprendendo l’auto ci accorgiamo che, proprio a poche decine di metri dall’Abbazia, vi sono degli scavi. Ci fermiamo di nuovo, insieme ad altri gruppetti di turisti, paghiamo il biglietto ed entriamo. Siamo all’interno del complesso monastico, andato distrutto. Non mi era mai capitato di visitare un’area di archeologia altomedievale, estremamente vasta e ricca. Si conserva ancora la Cripta del Vescovo Epifanio, il cui interno è affrescato con pitture del IX secolo. Bellissimo.

Sono le 13 e ripartiamo per il lago di Castel San Vincenzo. Come per Fornelli, anche qui le nostre aspettative sono alte. Restiamo soddisfatti? Assolutamente sì. Si tratta di un lago artificiale, costruito qualche decennio fa, ma che si armonizza perfettamente col paesaggio. Acqua limpida e di un verde intenso, le Mainarde che lo circondano… non sembra quasi vero.

Scendiamo a riva e lì arriva il momento che tanto aspettavo: è l’ora del mitico panino con la frittata! Mangiamo, ci rilassiamo, godiamo del paesaggio circostante, facciamo attenzione a non lasciare rifiuti e ci rimettiamo in moto. Direzione Venafro.

Venafro, che scoperta!

Va bene, lo ammetto: di Venafro, uno dei principali comuni molisani, non sapevo quasi niente. Lo conoscevo per la sua antichissima tradizione di olio e, soprattutto, come città di snodo per raggiungere il Lazio e la Campania.

Arriviamo facilmente in città e troviamo subito le indicazioni per la nostra prima meta: Castello Pandone. Troviamo al suo interno una guida estremamente preparata e disponibile. Ci accompagna nel primo piano del Castello, quello signorile, riccamente affrescato. I suoi affreschi sono molto particolari: il tema di quasi ogni stanza sono gli equini, dipinti a grandezza naturale, alcuni in rilievo, quasi fossero in 3D.

Poi ci guida al piano superiore, sede del Museo Nazionale del Molise. Raccoglie molte delle testimonianze artistiche molisane, insieme a opere provenienti da Napoli, Caserta e Roma. Restiamo molto contenti.

Riprendiamo l’auto e andiamo alla scoperta del centro storico. Parcheggiamo nei pressi e ci perdiamo tra i vicoli. Dopo appena 10 minuti ci accorgiamo di aver perso il senso dell’orientamento, quel centro storico ci sembra davvero un labirinto di palazzi borbonici e chiese disseminate ovunque.
Alla fine vediamo la luce! La Palazzina Liberty di Venafro, situata all’interno della villa comunale.

Bella, bellissima: colori autunnali che la incorniciano, un laghetto ai suoi piedi che fa da specchio. Da fotografare.


Un po’ perdendoci, un po’ chiedendo indicazioni, arriviamo davanti alla Cattedrale. Decentrata rispetto al resto della città, purtroppo la troviamo chiusa. Nel centro storico si trova anche il Museo Archeologico Nazionale di Santa Chiara e vogliamo assolutamente vederlo. Dopo esserci persi di nuovo, aver chiesto le ennesime indicazioni, lo troviamo. Conserva al suo interno molti dei reperti archeologici di Venafro e dell’area del Volturno. Ci sono statue e capitelli che lasciano di stucco.
Ma la vera chicca del museo è un’altra: la guida. Ci accompagna un signore sui sessant’anni a dir poco pittoresco. Parla in dialetto, fa continue battute, è estremamente informale. Ridiamo, guardiamo i reperti, ci divertiamo.

La guida a proposito di una statua di Venere: “Chi ci capisc d’art dic ca tant ch’è bell… ij però nc capisc nient, eh!” Lascio la traduzione alla vostra immaginazione.

Sono le 18, siamo stanchi, è ormai buio: è l’ora di un bel calice di vino. Ci fermiamo in un’enoteca, prendiamo una Tintilia e via, si torna a casa. Molto contenti.

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