16 agosto 2016

Il Molise e l’extravergine: a che punto siamo? Il parere di 10 autorevoli “addetti ai lavori”

Di Umberto Di Giacomo

19 maggio 2016

molisanissimo.it


L’olio extravergine di oliva molisano sembra aver compiuto, negli ultimi tempi, il salto di qualità. Naturalmente i traguardi raggiunti sono tappe intermedie di un percorso lungo che ha ancora ampi margini di miglioramento. A che punto siamo? Qual è la strada per continuare a migliorarsi?

Abbiamo posto questa domanda a diverse personalità, “addette ai lavori” nel complesso mondo dell’olio extravergine d’oliva. Ne è emerso un quadro della situazione produttiva molisana molto interessante: il sistema oleicolo regionale è nettamente in crescita, ma c’è forte necessità di costruire una “consapevolezza” maggiore tanto nei consumatori quanto nei produttori. C’è assoluto bisogno di aprirsi sempre di più all’esterno e divulgare correttamente cosa significa produrre olio autentico. È assolutamente necessario migliorarsi, costruire un percorso di crescita complessiva lungo e duraturo e comunicare al meglio le proprie caratteristiche e specificità.

(Questo articolo segue una panoramica sull’olio autentico molisano, pubblicata qualche giorno fa, e precede un terzo articolo, in cui interpelleremo alcuni tra i migliori produttori molisani).



NICOLA DI NOIA
(Responsabile olio Confederazione Nazionale Coldiretti, docente FIS-AISO)

Siamo a buon punto, sono molte le aziende olivicole molisane che finalmente stanno emergendo non solo nel contesto nazionale ma addirittura anche sui mercati internazionali. Questo grazie ai produttori olivicoli che stanno investendo nella qualità. Sono molti i consumatori, infatti, che non si affidano più solo al basso prezzo,  ma ricercano la qualità territoriale preferendo il 100% italiano o le DOP (Denominazione d’Origine Protetta) e la qualità organolettica. Finalmente i consumatori stanno capendo che devono ricercare oli profumati, con sentori vegetali, freschi, al gusto anche un po’ amari e piccanti perché solo questi oli sono ricchi di sostanze “polifenoliche”, antiossidanti, fondamentali per la salute. Sempre più persone si iscrivono ai corsi per assaggiatori e sommelier dell’olio proprio per imparare a capire le differenze e saper riconoscere i pregi e i difetti. Il consiglio è quello di comprare oli dove è possibile assaggiarli: direttamente dai produttori olivicoli, presso i frantoio, presso i mercati di Campagna Amica oppure presso negozi specializzati come le oleoteche. Finalmente anche molti ristoratori stanno capendo l’importanza di utilizzare olio EVO di qualità sia in cucina ma anche in sala per il condimento a crudo, offrendo una “carta degli oli” e personale specializzato “sommelier dell’olio” che aiuta il cliente a scoprire il corretto abbinamento dell’olio col piatto giusto. Ricordiamoci che le oliere al ristorante sono vietate e che l’olio deve essere servito in confezioni etichettate e col tappo antirabocco. Il Molise è sulla buona strada, sono tante le cultivar molisane che regalano oli eccellenti, impariamo a riconoscerle e a premiare quei produttori che con fatica giorno dopo giorno stanno contribuendo fattivamente alla diffusione di una maggiore cultura dell’olio EVO di qualità.

MAURIZIO PESCARI
(Giornalista, www.teatronaturale.it)

Sembrerà strano ma, a forza di parlare l’olio buono comincia a piacere a chi lo produce. E ciò sta accadendo ovunque nel nostro Paese, in territori vocati, ai quali si attribuisce una qualità scontata della produzione, ed in altri meno fortunati, dove il tempo e l’assenza di strategie di marketing, ha fatto si che il valore del ‘marchio’ s’impoverisse,senza rispecchiare la qualità reale delle produzioni. Insomma, è più buono un olio toscano o un olio molisano? E’ più buono l’olio ottenuto da olive sane, raccolte al giusto momento di maturazione e subito portate al frantoio per l’estrazione con sistemi e tecnologie innovative. Tutto ciò è a disposizione di chiunque e ovunque. C’è chi segue questa strada e chi continua a percorrere cammini consueti, legati al tempo ed alle abitudini di famiglia”. “In Molise, quindi, i passi avanti non li ha fatti l’olio, ma l’uomo. Teste nuove di tutte le età che hanno abbattuto i recinti all’interno dei quali custodivano gelosamente le loro diversità, culturali, umane, agronomiche, fino a quelle minuscole cultivar di olive, sopravvissute all’incuria ed all’abbandono che ora stanno facendo parlare di una ‘regione che non c’è…‘ in Italia, nel mondo e cosa ben più importante, in Molise”. “Questi sono risultati straordinari, che dovranno spingere gli olivicoltori 3.0 ad andare avanti, senza fermarsi ad aspettare i ritardatari, quelli che arrivano dopo, che da troppo tempo rallentano lo sviluppo. Senza aspettare di essere tutti. Il futuro è nelle mani di chi guarda avanti, non in quelle di chi si fa attendere. Da questo punto di vista gli olivi e l’olio sono uno strumento straordinariamente contemporaneo.

INDRA GALBO
(Editor, Gambero Rosso)

Il salto di qualità nella produzione olivicola molisana rientra nel miglioramento complessivo che, tranne in rari casi, ha già coinvolto gran parte del territorio nazionale. Si producono sempre di più oli dall’alta carica fenolica e questo contribuisce ad avere un prodotto migliore da punto di vista salutistico, sensoriale, edonistico, ma anche per quanto riguarda la durevolezza. Non mi soffermerei quindi sulla qualità del prodotto dato che siamo nel mezzo di un lungo processo che sta coinvolgendo tutti i produttori che vogliono fare della qualità il loro punto fermo. Il problema che ci si dovrebbe porre a posteriori è quello di organizzare una comunicazione efficace e capillare del prodotto, e su questo forse il Molise deve fare ancora qualche passo in avanti. Anche in questo caso non si può pretendere di risolvere il problema in uno o due anni, ma si dovrebbe attuare un piano di lungo periodo che coinvolga tutti i produttori e i protagonisti del settore. Quali soluzioni quindi? Corsi di avvicinamento, degustazioni, campagne pubblicitarie e di comunicazione che siano efficaci e così via. Tutto questo però non potrà mai accadere se non c’è un coordinamento di tutte le realtà produttive presenti sul territorio. I produttori devono parlare tra loro, devono assaggiare gli uni gli oli degli altri, devono agire insieme per essere efficaci sia sul territorio nazionale, ma soprattutto per esplodere nei mercati esteri dove ci sono moltissime possibilità di business per questo settore. Con un prodotto eccellente e una comunicazione efficiente si possono aprire porte prima inimmaginabili per i produttori molisani. L’alternativa non esiste, a meno che non si è disposti a guidare per sempre una Ferrari con il motore di una Panda.

SIMONA COGNOLI
(Assaggiatore e sommelier dell’olio, titolare di Oleonauta)

In Molise, nel settore dell’olio, siamo a buon punto. Lo confermano i risultati importanti ottenuti da alcune aziende nelle guide di settore e nei concorsi oleari per il riconoscimento non solo della qualità ottenuta ma anche della valorizzazione di cultivar tipiche del territorio. In particolare negli ultimi anni il Molise dell’olio sta portando avanti un insieme di iniziative formative e divulgative che coinvolgono molte associazioni, sia locali che nazionali. I produttori stanno crescendo nella qualità delle produzioni, grazie al confronto continuo sia sul proprio territorio che al di fuori. Tutto ciò però non basta. Oggi la qualità dell’olio resta una condizione necessaria ed imprescindibile per confermarsi sul mercato. C’è bisogno di iniziative sempre più mirate alla comunicazione e alla promozione dei propri prodotti, soprattutto sui canali informatici. Le opportunità ci sono per tutti. Anche un sito internet ben costruito può spingere una piccola realtà aziendale oltre i confini non più soltanto regionali e nazionali, ma anche internazionali. Nel territorio molisano sono riuniti esempi di valore non soltanto per l’olio ma per tutta la produzione di formaggi, vino e tartufi, oltre a una tradizione artigiana ancora viva, seppur pericolosamente in abbandono. Il fatto che tutto ciò sia concentrato in confini stretti funge da moltiplicatore di visibilità e redditività per ogni azione sinergica da parte degli attori delle filiere produttive e delle associazioni di categoria che veda nel “brand” Molise significati di valore paesaggistico, culturale e ambientale. Una regione verde e ancora poco sporcata dall’uomo, rispetto alle altre regioni italiane. Un fascino da scoprire, fatto di tratturi da percorrere a piedi, piccoli borghi da visitare,  pascoli intatti e prodotti tipici che sfuggono alla memoria. Una memoria che indietro nel tempo ci porta fino agli antichi romani che avevano scelto il Molise come terra ideale per la produzione olivicola. Un richiamo al passato che rischia però di impigrire i produttori che entrano nel mercato per promuovere il proprio prodotto in cerca soltanto di quell’antico romano ancora affascinato da questa terra.

ALBERTO GRIMELLI
(Direttore www.teatronaturale.it)

Il peggior errore che il Molise può commettere oggi è quello di sentirsi appagato di questi primi successi ottenuti e quindi fermarsi. Il Molise è riuscito a imporsi come regione olivicola degna di nota e di attenzione. Se ne parla e la Gentile di Larino non è più una varietà conosciuta solo dagli addetti ai lavori. Questo va ad indubbio merito di un manipolo di produttori che crede nel territorio e cerca di valorizzarlo, coniugando al meglio tradizione e innovazione. Resta ancora molto da fare, poiché il patrimonio varietale molisano non è composto da due o tre varietà. Direi che il Molise ha compiuto il primo passo, quello di togliere la polvere dall’argenteria di famiglia, ma per tornare ai fasti olivicoli di Venafro, di romana memoria, c’è ancora un lungo cammino. Le potenzialità ci sono, come detto. Avete un territorio che dal mare sale fino alle montagne con climi e suoli molto diversi. Differenze che possono essere sfruttate per differenziare molto i vostri oli. Poi ci sono le cultivar. Conosciute e coltivate ce ne sono tre: la già citata Gentile di Larino, l’Oliva nera di Colletorto e l’Aurina di Venafro. Il patrimonio varietale molisano è composto da ben venticinque varietà diverse. La Dop Molise, poi, è ancora poco sfruttata in termini di marketing e promozione. Il Molise può e deve darsi un’identità ben precisa nel panorama olivicolo nazionale. Non è certo una regione che può competere sui numeri, sui quantitativi. Non può neanche pensare di lottare in termini di costi di produzione. E allora l’unica strada che rimane è smarcarsi dalla logica della competitività per approdare all’unicità. Non ci sono due Parchi di Venafro nel mondo. L’olio extra vergine di oliva del Molise deve puntare sulla sua unicità e sulla sua esclusività. Un dato su tutti: rappresenta solo l’1% della produzione nazionale.



MARIO STASI
(Agronomo)

Il passo in avanti fatto dagli olivicoltori locali è stato notevole. La strada intrapresa, quella della qualità, è nel solco del rispetto dell’ambiente e del consumatore. Si è diffusa la divulgazione delle buone pratiche agricole ecosostenibili. Si è sempre più consapevoli delle caratteristiche organolettiche degli oli attraverso una rete capillare di informazione di corsi idonei all’assaggio e sono migliorate le tecniche di estrazione degli oli, la diversificazione degli oli prodotti da varietà locali e delle specificità ottenute. In poche parole c’è soddisfazione nel veder parlare la stessa lingua tra produttori e consumatori, con lo scopo comune di raggiungere l’obiettivo che è quello della “Qualità” nella “Ruralità”. La domanda ora è: Quale olivicoltura sul nostro territorio? La risposta per me è semplice. L’olivicoltura, con la sua agricoltura contadina, quella che ha dato un fondamentale contributo alla notorietà e all’immagine di qualità che oggi l’olio italiano ha nel panorama mondiale.  Contro qualsiasi tentazione di facile semplificazione serve avere chiaro il quadro della nostra olivicoltura e della nostra agricoltura, che rimane fondamentalmente contadina. È questa la sola strada possibile per il nostro territorio se si vuole dare una continuità al settore primario e parlare ancora di agricoltura. Cioè dell’attività che da sempre dà cibo, nutre l’uomo, e tramanda il suo patrimonio di cultura, storia, tradizioni, tutela dell’ambiente e del paesaggio. Dunque mi congratulo per ii successi dell’olio molisano e per tutti i sacrifici che i produttori stanno facendo per arrivare a premi e menzioni. Servono piccoli accorgimenti in termini di meccanizzazione, ma per il resto credo che quella imboccata sia la strada giusta. L’olivicoltura molisana, con il suo ricco patrimonio di biodiversità, può mettere in campo, nel momento della globalizzazione dell’olivo, una carta vincente. Un patrimonio di biodiversità olivicola costruito da una storia antica dell’attività agricola. Un aspetto, quello della biodiversità, che può diventare decisivo per competere con le qualità offerte dal mercato. Bisogna partire da qui, dalla qualità e dalla diversità che la nostra olivicoltura è capace di mettere a disposizione del consumatore più esigente, e non dalla quantità, se si vuole ridare all’olivicoltura Molisana la risposta più adeguata.

FRANCESCO TRAVAGLINI
(Presidente dell’associazione Molisextra)

Credo che un salto di qualità dal punto di vista della qualità del prodotto sia un dato consolidato ormai da qualche anno. Sempre più produttori producono qualità in modo consapevole. Purtroppo c’è scarsa consapevolezza dal punto di vista commerciale e della comunicazione. Produrre un ottimo olio EVO non garantisce di ottenere un riconoscimento adeguato dal punto di vista economico e questo rischia di ingenerare scoraggiamento nei  produttori, i quali pur producendo  qualità non riescono a vendere a un giusto prezzo il proprio prodotto sul mercato. Questo, a lungo andare, potrebbe  ingenerare un  incremento del  rischio di abbandono delle superfici coltivate ad olivi con tutte le conseguenze immaginabili. È indubbio  comunque che siamo in un momento di svolta epocale per l’olivicoltura italiana, visto che ai blocchi di partenza c’è il piano olivicolo nazionale e sono operativi i PSR. Ora occorre che queste risorse  siano spese tenendo ben presenti le tendenze che interessano i mercati: da un lato la grandissima valenza  dei millennials ovvero dei consumatori che sono sensibili alla comunicazione digitale e dall’altra la grande attenzione dei mercati extraeuropei (asia ed USA in particolare) verso il “made in Italy”. Il potenziale commerciale della produzione di EVO molisano è altissimo se viene veicolato in modo intelligente e facendo leva sull’autenticità. È proprio questo che stiamo cercando di fare con l’associazione Molisextra: mettere insieme risorse positive che puntino a migliorare sempre più la “reputazione” dell’EVO molisano, non solo in termini di qualità intrinseca del prodotto ma anche in termini di condivisione degli “affetti” che sottendono al EVO stesso: paesaggi, persone, luoghi ma anche altri prodotti che rappresentano un patrimonio di tradizione agroalimentare unica (tartufo, lattiero caseario, vino, pasta). Stiamo tentando di fare questo con Extrascape (leggi articolo – Extrascape 2016, in Molise il concorso per “il miglior olio nel paesaggio più bello”) con risultati a tratti sorprendenti ed esaltanti che potrebbero concretizzarsi in qualcosa di davvero positivo se riuscissimo a catalizzare il più possibile le forze del “molise autentico” .

LUCIANA SQUADRILLI
(Giornalista enogastronomica)

Negli ultimi anni l’extravergine molisano ha dimostrato di avere grandi “numeri” – naturalmente in termini qualitativi più che quantitativi –  non solo dal punto di vista del prodotto, grazie appunto a olivicoltori e produttori che hanno investito sia in campo sia nelle tecnologie di estrazione, ma anche nel saper fare gioco di squadra cercando vie comuni per la valorizzazione del prodotto stesso e del territorio. Credo che la strada da percorrere sia questa, cercando appunto il più possibile di convergere verso obiettivi comuni senza naturalmente cancellare le peculiarità di ognuno, e puntando anche alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio che anche grazie agli ulivi fa del Molise una regione bellissima e ancora tutta da scoprire, turisticamente. Fondamentale anche il confronto con gli altri, italiani o stranieri che siano: partecipare a fiere e manifestazioni dove si raccoglie il meglio del settore olivicolo può servire senz’altro a capire meglio le proprie potenzialità e quello su cui si può ancora lavorare.

VITOR FRATINI
(Capo Panel di Unioncamere Molise e delegato Ais di Termoli)

Noi Molisani puntiamo sull’EVO di qualità, ma ancora siamo lontani dall’avere una posizione significativa sia a livello nazione che quella internazionale. Detto ciò, questo parere non deve essere generalizzato, perché abbiamo tanti produttori che hanno divulgato e fatto conoscere adeguatamente l’olio sia in Italia che all’estero. Questo, senza dubbio, è il frutto di un faticoso lavoro, portato avanti nel tempo. Non possiamo dimenticare che un ruolo importante lo gioca anche l’euro: abbiamo una moneta forte e ciò comporta una certa difficoltà alle esportazioni. La strada per continuare a migliorarsi? Le istituzioni devono stare vicino, non solo ai produttori ma anche agli addetti del settore che con passione trasmettono la cultura dell’EVO di qualità. Parlo degli assaggiatori professionisti di olio e delle associazioni del settore, come Molisanissimo e Molisextra. È fondamentale promuovere l’olio molisano nei vari incontri organizzati e fare sinergia con tutti gli attori in gioco, senza dimenticare di aggiornarsi sempre circa le nuove tecniche di estrazione che stanno emergendo.

SEBASTIANO DI MARIA
(Scuola del Gusto, Larino)

È innegabile che in Molise siano stati fatti passi avanti importanti in tema di extravergine di qualità, i copiosi riconoscimenti che diverse aziende molisane stanno ottenendo è emblematico. Finalmente sempre più spesso si parla di cultura olivicolo-olearia non solo tra addetti, ma anche nelle scuole, tra i più giovani. C’è da mettere, di contro, luce ancora in molti angoli bui. Mi riferisco, in primis, al grande bagaglio di cultivar che una piccola realtà come quella molisana può esprimere (18 riconosciute in appena l’1,3 % della superficie olivicola nazionale secondo l’ultimo censimento dell’agricoltura del 2010, una con i più alti tassi di crescita, dopo i colossi Calabria e Puglia). E’ ancora troppo poco, di solito i premi sono ad appannaggio delle solite due o tre cultivar, anche quelle “minori”, speso legate a piccoli territori, hanno grandi potenzialità e bisogna lavorarci; sono un patrimonio che non va perso, ma valorizzato. Altra nota dolente è l’atavica mancanza di condivisione o di comunità d’intenti, cosa che potrebbe fare un Consorzio di produttori. Qualcosa si è fatto, ma è ancora troppo lontano da un’idea comune, che metta insieme anime diverse con territori, a volte, anche molto diversi, in modo che tutti si sentano protagonisti. In questo momento, la cultura, portata sul territorio, è l’unica arma per continuare con questo trend positivo e di lavoro, in questo senso, c’è ne ancora tanto da fare.

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