Le origini
Nel sec. XII, sulla strada tratturo che da Matrice mena a Petrella e verso la Puglia, fu eretto questo tempio in onore della Madonna della Strada. La legenda lo fa risalire al Re Bove, ma in realtà fu realizzata, con l’aiuto di maestranze locali, da tre maestri di scultura: Ruggero, Roberto (suo figlio) e Nicodemo, che lavorarono nelle chiese abruzzesi prima del 1150, mentre governava il feudo di Matrice Roberto Valerio, che donò forse il terreno per la fondazione del tempio.
In sua memoria fu costruita nei pressi della chiesa la bella fontana, a forma di colonna, coronata da una fascia istoriata con due teste di tori contrapposte, dalla cui bocca zampilla l’acqua, proveniente da un antica conduttura ancora esistente. Vi si legge un’iscrizione latina che si traduce “Al tempo in cui governò il Barone Roberto Valerio (fu costruita) questa fontana affinché gli assetati ne bevessero devotamente l’acqua chiara”. Tale fontana è anche la testimonianza che presso la chiesa sorgeva un casale (l’antico paese di Matrice) che partecipava all’economia del monastero. Infatti nelle adiacenze del tempio sorgeva, prima del 1000, un piccolo monastero (badia), dove pregavano e lavoravano i monaci greci di S. Basilio e poi i Benedettini, che abbandonarono sia il tempio che il monastero in seguito al terremoto del 1456, recandosi a Monteccassino.
I ruderi non si scorgono, ma ce ne assicura l’esistenza la bolla pontificia di Anastasio IX del 1153, diretta a Pietro, arcivescovo di Benevento. Risulta in una pergamena conservata nell’archivio storico di Benevento che la Chiesa di S. Maria della Strada fu consacrata nel 1148 dall’arcivescovo Pietro con i Vescovi Giovanni di Volturara, Raimondo di Cividale e Roberto di Bojano.
Il 27 maggio 1703 il Cardinale Orsini di Benevento, dopo averlo restaurato, lo riconsacrò riaprendolo al culto. E il 9 gennaio 1989 fu dichiarato a voto un’anime “Monumento di interesse nazionale”.
Lo stile architettonico della Chiesa
Lo stile dei bassorilievi e degli ornamenti esterni, con il campanile del tutto staccato dalla Chiesa, è semplicemente romanico; invece lo stile dell’architettura interna è un’armoniosa fusione di stile basilicale, arabo, bizantino e romanico.
La Chiesa, rivolta verso l’oriente (dove nasce il sole, simbolo di Cristo), è divisa in tre navate (simbolo della Trinità), da dodici colonne (simbolo dei dodici Apostoli), tozze e massicce, con una croce greca (che ricorda la prima consacrazione della Chiesa), le quali sono coronate di capitelli cubici, tutti differenti e tutti arabescati di motivi arabi e bizantini. Si slanciano agilissimi e leggiadrissimi archi sulle colonne, che si prolungano sino alle tre piccole absidi. Nel mezzo dell’abside centrale si eleva l’unico altare cubico (simbolo del Cristo unico Salvatore del Mondo).
Finestre alte e strette a guisa di feritoie, che danno scarsa luce e aria, la ben compaginata muratura senza intonaco, fatta di antichi blocchi quadrati e di blocchetti oblunghi provenienti da Fagifulae (Faifoli, a pochi chilometri da Montagano) sono le caratteristiche dello stile romanico. Anche il tetto era originariamente in legno, ma nel sec. XIII, in seguito a incendio o terremoto, fu sostituito con una volta di stile gotico.
Nel 1968 il tetto è stato riportato in legno e il pavimento è stato montato in pietra segata. In questo tempio romanico lo spirito di Dio si abbassa per cercare lo spirito dell’uomo per unirsi a lui.
Decorazione interna alla Chiesa
Sull’Altare domina una bellissima Statua Lignea del sec. XIII, restaurata in nudo legno nel 1975, che incute rispetto e venerazione in chiunque abbia il minimo sentimento di fede e d’arte cristiana.
La Madonna in piedi stringe a se il Bambino che nella sua piccola, ma potente, mano racchiude una palla (che sta a significare il mondo) mentre con l’altra si afferra al manto della madre. Gesù con la testa reclinata leggermente sul lato destro, contempla il viso sereno e gioioso della Madre chiedendo la sua collaborazione nella salvezza dell’intera umanità. E la Madonna, in atteggiamento non molto rigido, col ginocchio destro appena piegato, con libera movenza che infonde morbidezza al drappeggio, conferma la richiesta del Figlio con un dolce sorriso delle labbra per dire che lei guarda e protegge l’intera umanità per tutte le vie: per le vie della terra, del mare e del cielo; per le vie del tempo e per quelle dell’eternità.
Giustamente i Monaci greci eressero sulle colline di Matrice un eremo e un tempio in onore della “Madonna della Strada” e forse recarono con se tale statua come un ricordo commovente della patria lontana e perché professavano una venerazione speciale verso questo titolo della Madre di Cristo.
O Madonna della Strada, guidaci per le vie di questo mondo verso l’eternità!
Il Crocifisso
Ligneo del sec. XIV colpisce per la sua espressione pacata e rassegnata che si sprigiona dal volto del Cristo e per il naturale e dolce abbandono delle membra al dominio della morte.
Caratteristica un’ACQUASANTIERA del sec. XV, accostata alla prima colonna di destra. Un delicato tralcio di vite (simbolo di Cristo), con grappoli d’uva e foglie (simbolo dell’Eucarestia), serpeggia lungo il fusto della colonnina.
Vi è scolpito anche uno stemma con croce e con quattro rosette (emblema della passione e delle piaghe di Cristo). Si ritiene che tale acquasantiera fu dono di Cola di Monforte, conte di Campobasso.
Sarcofago
Ciò che colpisce in questo tempio è la magnifica tomba in travertino, elevata in memoria di Berardo D’Aquino e costruita dalla scuola di Tino da Camaino, nel sec. XIV, di stile goticizzante.
Essa poggia su quattro basse colonne, sorrette da due leoncini e due dadi, terminanti con capitelli di stile corinzio. Sopra vi è il sarcofago, divise da quattro colonnine senza base.
Nei tre compartimenti c’è uno scudo ripetuto con lo stemma D’Aquino e nel mezzo vi è scolpito il Redentore seduto che regge con la mano sinistra un libro (gli Evangeli)ed ha la destra alzata e la testa rivolta verso il defunto in atto di benedirlo. Sul coperchio del sarcofago giace la figura del primo che vi fu sepolto (forse l’abate Landolfo): del primo perchè nell’arca si conservano le ossa di tre persone. Due angeli ai lati del coperchio tengono aperte le cortine.
Nel timpano del frontone v’è scolpito un “Agnus Dei”, emblema di Cristo risorto e vittorioso, che annunzia la risurrezione e il trionfo dei giusti sulla morte.
Un frammento d’ambone adattato riproduce un’aquila che sostiene il leggio con un libro e un angelo (l’Arcangelo S. Michele) che trafigge con la destra un drago (il diavolo) ed ha la sinistra alzata in attitudine di preghiera e di benedizione. L’epigrafe suona in maiuscole romane così: “More volans aquilae verbo petit astra Jahannes” “Col pensiero (l’Apostolo) Giovanni raggiunge i cieli volando come aquila”.
Descrizione esterna del Tempio
La facciata centrale è dominata da una bellissima Aquila che volando porta tra gli artigli tre teste umane, che simboleggia Cristo risorto che conduce in cielo le prede tolte alla morte: Cristo che salva.
Sul frontone della porta c’è una finestra a forma di rosa (detta rosone) con un cerchio più grande al centro (Cristo sole di giustizia) dal quale muovono 12 archi con 12 aperture circolari più piccole (i dodici Apostoli). La figura circolare, perché più perfetta di tutte, è simbolo di Dio, ente perfettissimo. Ai lati del rosone sporgono due mezze figure di buoi con le gambe anteriori penzoloni, come simbolo della forza e della pazienza nel lavoro.
Nella lunetta dell’arcata cieca di sinistra, un Cavaliere che trapassa un uomo con l’asta; un cavallo legato ad un albero con dietro in prospettiva un bosco stilizzato, con un uomo e una donna con le treccine di bambina, a mezzo busto; più in basso sulla destra e quasi fuori campo, un uomo con le braccia incrociate. Quale significato attribuire? Forse è la fantasiosa storia di Fioravante che accorre in aiuto di una ragazza rapita dai Saraceni e la libera dopo aver ucciso due saraceni e messo in fuga il terzo; oppure è la lotta che l’uomo deve intraprendere e può vincere soltanto col soccorso della Grazia Divina.
Nella lunetta dell’arcata cieca di destra, un uomo suona il corno da caccia; ai lati stanno due cervi in corsa; sopra invece c’è un cavallo senza cavaliere seguito da un omino con una forca tra le mani. Chi sarà? Forse Orlando, seguito da Balduino(l’omino con la forca), che scende da cavallo e suona il corno per la caccia oppure è il diavolo che chiama a raccolta le potenze infernali per l’assalto alle anime timide (i cervi).
Molteplici raffigurazioni nel protiro. La lunetta è formata da una serie di archetti decorativi con modanature a dentelli, a foglie stilizzate rozzamente, a rosette; tra l’archetto a dentelli e quello a foglie stilizzate, due draghi, distesi in tutta la loro lunghezza, vomitano o divorano due uomini che hanno le braccia incrociate. Questi due draghi se divorano rappresentano la morte cristiana; se vomitano si allude all’episodio di Giona e significa la risurrezione, di cui Giona è la figura.
Sul lato destro del protiro, sotto uno degli archi, la solita testa di toro fa da capitello; un angelo cinto da aureola, forse San Michele, con due pavoni che bevono in un vaso sul suo capo indica l’immortalità promessa; una linea curva divide la scena dell’angelo da quella superiore, dove troviamo un cavallo, una civetta, un uomo che lotta con un altro uomo, invano difeso da un terzo. Sotto il timpano, due draghi: uno inghiotte un uomo e un altro lo restituisce: è la storia di Giona che ritroviamo anche nella corrispondente parte sinistra.
Nella parte sinistra del protiro schiacciato, il capitello che legge la serie delle raffigurazioni superiori è formato da una geometria floreale; seguono in ordine ascendente, due animali in lotta tra loro, e un leone che come preda trattiene tra le zampe un uomo quasi nudo; più su, divisa da una linea circolare che interrompe il racconto, la scena di un cavaliere che brandisce la spada per uccidere un leone che ha addentato la testa del cavallo.
Qual’è il significato? I leoni all’assalto rappresentano la violenza, la forza del male, Satana stesso, contro cui l’uomo deve combattere con le armi della Fede, se vuol riuscire vittorioso.
Nel mezzo del timpano, tra motivi decorativi geometrici e floreali, domina una DONNA a cavallo con i piedi penzoloni e raggruppati in avanti, tra tre pavoni che beccano a terra. Quella donna, più che essere la Madonna o la moglie di Roberto Valerio Barone di Matrice o la castellana matriciana, raffigura la felicità dell’anima nel Paradiso.
Sul portale d’ingresso dal lato destro della Chiesa, tutto ad archi rientranti, una scritta riporta le parole di Matteo 12,50: “Quicumque fecerit voluntatem patris meis (sic) qui in celis ipse intravit: Chi farà la volontà del Padre mio che è nei cieli entrerà nei cieli”. E queste parole sono la chiave per l’interpretazione della scena della lunetta, dove il mito di Alessandro Magno rapito al cielo da due grifoni, da lui adescati con qualcosa che ha nelle mani distese, rappresenta il Cristo che con la sua grazia adesca le anime perchè salgano con lui nel Cielo. Nel timpano è scolpito un Agnello che chiede aiuto alla Croce contro due feroci e ingordi dragoni che gli tendono insidie.
I secoli tutto invecchiarono, oscurarono e deturparono. Essi sono passati anche su questa Chiesa, ma non solo non l’hanno deteriorato ma, per una particolare protezione della Vergine, l’ hanno perentemente ringiovanita, accrescendo di giorno in giorno la sua bellezza e diventando l’ornamento più prezioso del nostro caro Molise.
Visitando la Chiesa della “Madonna della Strada”, situata in campagna lontano dal rumore degli uomini, si ritroverà quella pace e quella serenità che Dio offre a contatto con la natura e la Fede, tramandata a noi attraverso questo bel gioiello di arte romanica dai nostri cari antenati.
::
::
Nessun commento:
Posta un commento